Sono troppi i malati di tumore costretti ai viaggi della speranza. Ogni paziente si deve poter curare vicino a casa, per diminuire anche il rischio di contagio Covid. La denuncia degli oncologi italiani riuniti virtualmente da oggi nel congresso nazionale AIOM

Nel periodo Covid ci siamo accorti quanto sia pericoloso non avere collegamento fra ospedali e medici sul territorio. E oggi, di fronte al riaccendersi della pandemia la continuità di cura delle persone colpite da neoplasia è ancora una volta messa a rischio. Non solo. Il decorso dell’infezione può essere peggiore in questa popolazione: il 25% dei pazienti che si infettano muore. Ricerca, accessibilità e organizzazione sono i tre pilastri su cui bisogna intervenire per garantire le cure migliori a tutti i cittadini colpiti da neoplasia. Come? Garantendo in tutte le Regioni le Reti oncologiche, oggi presenti solo in alcune Regioni e con criteri diversi. Lo chiedono a gran voce gli oncologi italiani riuniti nel XXII Congresso Nazionale AIOM, che si svolge da domani fino all’1 novembre in forma virtuale. 

“Il Covid-19 ha dimostrato quanto sia necessario rendere subito operative le Reti oncologiche regionali in tutto il territorio – afferma Giordano Beretta, Presidente Nazionale AIOM e Responsabile Oncologia Medica Humanitas Gavazzeni di Bergamo -. La continuità di cura è stata garantita ai livelli più alti proprio nelle Regioni dotate di Reti, perché l’accesso ai trattamenti è possibile anche nelle sedi periferiche sulla base di indicazioni condivise, limitando così gli spostamenti dei malati”. Oggi le Reti sono attive in Piemonte e Valle D’Aosta, Veneto, Toscana, Umbria, Liguria, Provincia autonoma di Trento, Puglia e Campania oltre che in Lombardia ed Emilia-Romagna, pur se con configurazioni differenti. “Servono criteri uniformi per rendere operative le Reti – continua il Presidente Beretta -, agendo in quattro direzioni: riduzione delle migrazioni sanitarie, accesso all’innovazione, punti di ingresso nella rete riconosciuti e vicino al domicilio del paziente, integrazione con la medicina del territorio”. 

Rete salvavita

Durante la prima ondata della pandemia troppi pazienti hanno evitato di andare in ospedale per paura del contagio. Senza però essere stati assistiti adeguatamente a livello territoriale. E in questi mesi poco è stato fatto per migliorare la situazione. “Anche in questo caso le Reti vengono in aiuto dei pazienti perché consentono il coinvolgimento dei servizi territoriali, anche nei programmi di prevenzione primaria e di screening, che in alcune Regioni sono ancora bloccati perché il personale che dovrebbe far partire gli inviti è impegnato nell’emergenza Covid. Siamo di fronte a ritardi preoccupanti, perché possono determinare diagnosi in fase più avanzata nei prossimi mesi”, spiega Beretta. Uno studio pubblicato dalla University College London ha infatti stimato che la percentuale dei decessi nei prossimi mesi in Inghilterra potrebbe aumentare del 20%, arrivando a 18mila morti causate dal rinvio delle cure e dalla paura dei malati di andare nei centri. 

Accesso per tutti

“Le Reti sono lo strumento per la reale presa in carico globale del paziente oncologico, per ottenere risparmi per il sistema e favorire la qualità e l’appropriatezza delle cure con un approccio multidisciplinare – afferma Saverio Cinieri, Presidente eletto AIOM e Direttore Oncologia Medica e Breast Unit dell’Ospedale ‘Perrino’ di Brindisi -. Con questo tipo di organizzazione, inoltre è possibile garantire percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali uniformi. Servono punti di accesso, vicino al domicilio dei pazienti, che rappresentano una sorta di ‘gate’ per entrare facilmente nella rete ed essere avviati ai trattamenti. Inoltre ne monitorano il mantenimento in carico presso le strutture di riferimento”. Importante per la realizzazione delle Reti è anche il rafforzamento della telemedicina, soprattutto per i pazienti in follow-up o per quelli sottoposti a terapie orali in trattamento presso il domicilio. 

Far ripartire la ricerca

“Anche gli studi clinici sono stati ostacolati dal Covid-19, rallentando, se non addirittura fermando in alcuni casi l’arruolamento dei pazienti – conclude Giordano Beretta -. La ricerca oncologica va, quindi, rilanciata e deve proseguire, anche in questa fase delicata di emergenza sanitaria. Da anni, inoltre, stiamo assistendo al problema di accessibilità alle nuove terapie, non sempre disponibili in tutto il territorio in maniera uniforme”. Ci sono pazienti che possono accedere a farmaci perché abitano in una specifica Regione, ma basta varcare il confine con la Regione attigua perché questo non sia più vero. Nella maggior parte delle Regioni, infatti, è presente un prontuario terapeutico regionale vincolante che, secondo AIOM, dovrebbero essere superati per abbattere le differenze fra cittadini. Sarà questa una delle richieste che la Società scientifica porterà agli assessori regionali durante il suo tour nazionale sull’importanza delle Reti, organizzato in collaborazione con Senior Italia FederAnziani. 

Fonte: Repubblica.it